Attenzione, spoiler leggeri
Ad un’occhiata epidermica “Bones and All” di Luca Guadagnino, tratto da un omonimo romanzo di Camille DeAngelis, potrebbe collocarsi tra i titoli della cosiddetta “Elevated Horror”, intesa come la fortunata famiglia stilistica di film che sta rinnovando da circa dieci anni i canoni dei più classici film del genere horror, attraverso l’abbinamento di una impeccabile cura per gli aspetti formali ad una ricerca per l’esaltazione delle qualità artistiche ed autoriali.
E’ in questo modo, ad esempio, che “It Follows” di Mitchell racconta la fuga disperata da un male irrefrenabile e contemporaneo che bracca una generazione soffocata dall’indifferenza, “Hereditary” di Aster traspone un’intima tragedia familiare in chiave esoterica, “Get Out” di Jordan Peele affronta il razzismo e “The Witch” di Eggers instaura un lungo scontro tra il dramma sociale del pregiudizio ed il mistero del soprannaturale in un contesto storicamente accurato.

Guadagnino a differenza di altri, non ama scrivere soggetti originali, quanto piuttosto portare in scena efficacissime rivisitazioni di storie già raccontate: è il caso di “Melissa P.“, “A bigger splash“, “Chiamami col tuo nome“, “Suspiria“.
Proprio come già fatto in Suspiria, Guadagnino con “Bones and All” non solo si pone all’apice di questa cifra stilistica, abbracciandone ogni stilema, ma possiede l’ambizione di superarne gli obiettivi autoriali, mettendo in atto una decostruzione serissima dei concetti base dell’Elevated Horror (un po’ come realizzato, in chiave parodistica, da “Quella casa nel bosco” rispetto ai classici dell’orrore).

Laddove tutti gli altri autori si prendono il tempo per confondere lo spettatore con elementi di quotidianità e realismo, prima di gettarlo nel baratro, la prima, squisita, azione di decostruzione grammaticale di Guadagnino è palesare immediatamente la spirale dell’orrore in una efficacissima sequenza shock.
Il “mostro” è rivelato, l’attenzione si sposta quindi sul graduale disvelamento delle conseguenze che tale condizione impone sulla sua vita e su quelle di chi lo circonda, nei rapporti umani e nei possibili orizzonti di vita del mostro. Pertanto l’horror passa da “genere”, scopo narrativo, ad essere una prospettiva peculiare dalla quale rappresentare le vicende personali dei personaggi.

In “Bones and all”, che è anche un road-movie di formazione, il mistero e le inquietudini che lo spettatore affronta sono legate principalmente al viaggio personale attraverso l’America che porta con sé dubbi, tormento, ricerca dell’identità, sogni. Tratti visceralmente umani.

“Bones and All” potrebbe essere un perfetto film sull’universo White Wolf e su Vampire: i suoi protagonisti sono degli outsider famelici allo sbando in un mondo di dormienti che ne ignora l’esistenza.
La fame li guida più di ogni altra cosa, ma ognuno di loro è accompagnato da una propria bussola morale, per cui ogni pasto pone un potenziale dilemma. La loro sopravvivenza dipende dalle capacità di adattamento, dal saper mescolarsi con le persone comuni.
I mostri sono capaci di riconoscere i propri simili, i loro sensi affinati dalle esigenze predatorie. Il sospetto, la territorialità e la precarietà dei legami tra simili derivanti dalla loro natura cacciatrice ricordano molto le dinamiche dei Fratelli.
Impossibile non citare l’ossessione per la carne, il sangue e la visceralità come elemento comune, più di tutto, però, è l’accendere i riflettori sugli aspetti umani, etici, emozionali del mostro a ricordare la lente di Vampire.

Autore: E. B.